[Continua da Zanzana Colombiana #1]
Di certo, l’ansia securitaria non era mancata in questo viaggio. Alla partenza di Zanzana, in tanti si erano agitati, temendo improbabili rapimenti o furti, pur sapendo che il computer aziendale di Zanzana era stato rubato in ufficio, a Milano, e conoscendo le storie di numerosi studenti stranieri derubati, perfino in albergo, appena messo piede nella Città da Bere. A Bogotà si vedeva polizia privata dappertutto, all’aeroporto la dogana faceva la scansione dei bagagli anche in uscita, in fiera ti offrivano un antifurto per il computer, non sapendo che tu te lo porti anche in bagno, controllavano la borsa anche quando te ne andavi: non si sa mai che avessi preso il computer di qualcun’altro. Zanzana rimaneva abbastanza in paranoia su questi temi, ma non poteva dire di essere in un ambiente dove non si facesse attenzione.
Zanzana aveva avuto un’esperienza piuttosto approssimativa del cibo di queste parti, ma era mangiando che aveva davvero capito a quanti chilometri da casa si trovasse. Qualsiasi cibo, anche quello dall’aspetto più innocente, nascondeva sempre qualcosa di inaspettato, come le era successo con il Lomo alla Criolla, apparentemente una semplice bistecca con salsa di pomodoro e cipolle. Spezie, colori, combinazioni di dolce e salato, frutti completamente sconosciuti: le soprese erano sempre in agguato. Una delle esperienze più memorabili era stato il Desayuno Santafereño, colazione tipica consumata domenica che, invece di prepararla a una giornata di lavoro, le aveva fatto desiderare di tornare a dormire. La meraviglia era composta da cioccolata calda, formaggio, porzione di frutta (con l’immancabile papaya, della quale Zanzana, se potesse, porterebbe a casa un bancale), arepas (focaccine a base di farina di mais bianco o giallo e, a volte, uovo) e due tamales. Il simpatico tamal è una polpetta di farina di mais, farcita di ceci, carne di manzo e pollo bollita, pezzetti di grasso di maialino e cotenna, il tutto avvolto in cottura in una foglia di banano.
Dopo un po’ di esitazione Zanzana, una volta giunta a Medellin, aveva deciso di affrontare i due frutti che le avevano fatto trovare in camera, e che iniziava a sospettare non fossero lì per bellezza: le Granadillas.
Zanzana aveva faticato non poco ad aprirla, per poi scoprire che aveva una buccia parecchio spessa e croccante, ma facile da staccare. L’interno era composto da semini avvolti in un liquido dolce piuttosto denso, e la faceva sembrare una parente esotica del melograno (in realtà appartiene alla stessa famiglia del frutto della passione). Presa dall’entusiasmo, Zanzana ne aveva mangiate quattro, portandone una anche all’amica N., che le adora, ma vi sconsiglia di divorarne altrettante.
Un’altra esperienza piuttosto notevole era stato il Churrasco, a Quito: nella versione ecuadoriana, una bistecca circondata dalle immancabili patate fritte, carote e fagiolini, un bell’avocado e per non farsi mancare niente due uova a sormontare il tutto. Zanzana si chiedeva se da queste parti possano essere apprezzati i cibi che non prevedano la presenza delle uova o delle patate oltre a pensare che forse, per le persone di qui, non sia facilissimo apprezzare le cucine europee, che devono sembrare abbastanza pallide nei sapori rispetto alle abitudini locali.