Ventunenne siriana si toglie il velo e su Facebook scoppia il dibattito

Versione originale: Unveiled Syrian Facebook post stirs women’s rights debate 

di Samer Mohajer ed Ellie Violet Bramley, tradotto da Zanzana Glob

BBC News Middle East, Beirut, 21 novembre 2012

Tra le decine di gruppi Facebook nati a supporto della rivoluzione siriana, spicca una pagina a sostegno dei diritti delle donne, a causa di un’immagine pubblicata da una componente del gruppo. Si tratta della ventunenne Dana Bakdounis, priva del velo che aveva indossato fin dall’infanzia, e che ha suscitato subito un vivace dibattito.

Dana Bakdounis senza il velo su Facebook

Dana Bakdounis senza il velo su Facebook

Dana Bakdounis è cresciuta in Arabia Saudita, ma si è tolta il velo, ad agosto 2011, come reazione contro il conformismo.

“Il velo non era adatto a me, ma dovevo portarlo a causa della mia famiglia e della società“, dice.

“Non capivo perché i miei capelli dovessero essere coperti, volevo essere parte della bellezza del mondo, sentire il sole e l’aria”.

A quel tempo, stava già seguendo su Facebook la pagina The Uprising of Women in the Arab World (La Rivolta delle Donne nel Mondo Arabo).

Il gruppo, con quasi settantamila membri, è diventato un forum per la discussione sui diritti delle donne e il ruolo dei generi nel mondo arabo. Donne, ma anche uomini, sia arabi che non, commentano le foto del gruppo.

Il 21 ottobre, Dana ha deciso di pubblicare una sua foto, per fare qualcosa per il gruppo e per le donne e le ragazze oppresse in tutto il mondo arabo.

Con lo sguardo dritto verso l’obiettivo, i capelli cortissimi ben in vista, in mano una foto di quando portava il velo e un cartello che dice: “La prima cosa che ho provato quando mi sono tolta il velo” e “Sostengo la rivoluzione delle donne nel mondo arabo perché, per vent’anni, non mi è stato permesso di sentire il vento nei capelli e sul corpo“.

L’immagine si è poi rivelata estremamente controversa, avendo attirato più di 1600 “Mi piace”, quasi 600 condivisioni, più di 250 commenti.

Dana ha ricevuto molto sostegno e, mentre molti dei suoi amici su Facebook ora non lo sono più, molti altri le hanno inviato richiesta d’amicizia.

Alcune donne che prima portavano il velo hanno caricato delle foto simili in suo sostegno, mentre su Twitter è stato creato l’hashtag #WindtoDana come canale attraverso il quale esprimere solidarietà.

‘Una ragazza coraggiosa’

Dana ha ricevuto centinaia di messaggi di scherno, oltre che minacce.

La madre, con la quale i rapporti si sono raffreddati a causa della sua disapprovazione nei confronti della figlia, ha ricevuto minacce di morte.

“Per me tutto è cambiato da quando mi sono tolta il velo”, dice Dana.

Il dibattito continua in maniera più sfumata. Una donna commenta che l’opposizione al velo è fuori luogo, dicendo che “Dovremmo lottare invece per l’eguaglianza nella società, quando una donna velata non riesce a ottenere un lavoro perché è coperta! Donne, siate orgogliose del vostro velo, è una benedizione!

Dana da parte sua è felice di aver creato una fonte di ottimismo per molte delle sue amiche religiose, velate o straniere nello stesso tempo.

“Sono stata felicissima quando ho visto quanti messaggi ricevevo da ragazze velate. Mi sostenevano, dicendo ‘Rispettiamo quello che hai deciso di fare, sei una ragazza coraggiosa, vorremmo fare lo stesso ma non abbiamo altrettanto coraggio’. Ho ricevuto messaggi anche da donne anziane“.

La vicenda di Dana ha suscitato ancora maggiore agitazione a causa della foto, che molti hanno percepito come offensiva, al punto da essere censurata da Facebook.

Gli amministratori della pagina Facebook hanno sostenuto pubblicamente, sia attraverso la pagina che sulla stampa locale e internazionale, che gli amministratori del sito hanno rimosso la foto di Dana il 25 ottobre, quattro giorni dopo che era stata pubblicata, e hanno bloccato il suo l’account come anche quelli degli amministratori della pagina The Uprising of Women in the Arab World.

Si presume che anche le foto ripubblicate da parte dei supporter di Dana siano state rimosse, e che l’account di tutto il gruppo sia rimasto bloccato tra il 29 ottobre e il 5 novembre.

Facebook, alla richiesta di commentare la vicenda, ha avuto difficoltà a spiegare che la questione non erano i contenuti per i quali la pagina è stata creata, ma soltanto l’applicazione errata di alcune regole del sito.

Dal dipartimento di comunicazione del sito spiegano: “Le foto della donna non violavano le nostre regole. E’ stato commesso un errore nel rispondere a una segnalazione relativa a un contenuto controverso”, per poi continuare così: “quello che ha peggiorato la situazione è che abbiamo avuto svariati errori per alcuni giorni, e ci è voluto del tempo per correggere ognuno di essi”.

A parte gli errori, anche solo le accuse hanno suscitato interrogativi interessanti sul ruolo non ufficiale, ma apparentemente di semi-onnipotenza giocato da uno dei social network più famosi in nell’intenso processo di cambiamento e rivoluzione in atto nella regione.

Una rete online

Sembra però che ci vorrà molto di più che alcune minacce e blocchi informatici per fermare la ventunenne  Bakdounis.

“Voglio fare un’altra foto, ma questa volta dall’interno della Siria, solo per mostrare che posso combattere contro l’ingiustizia e il potere illegittimo. Con la macchina fotografica posso aiutare gli altri a sostenere l’Esercito Siriano Libero“.

I resoconti in arrivo dalla Siria evidenziano sempre di più la presenza di fazioni fondamentaliste islamiche, con il potere di dirottare la ribellione in corso, all’interno del movimento anti-regime.

A causa dell’influenza di questi combattenti islamici non siriani, cresce inoltre la paura per il futuro dei diritti delle donne all’interno del Paese e in tutta la regione.

Dana e le altre ragazze come lei vogliono vedere una Siria diversa.

“[Una Siria] piena di diritti, di giustizia tra uomini e donne. Chiedo giustizia perché ho già realizzato la mia libertà , e adesso non ho più paura di niente, ora che posso fare ciò che ritengo giusto”.

Dana è soltanto una delle donne che cercano di farsi sentire a dispetto del frastuono che le circonda.

Lei e le altre esprimono un sentimento di libertà ritrovata: alcune si tolgono il velo, altre entrano nel dibattito globale sui diritti delle donne, creando una rete online, pubblica e coraggiosa, in una regione che è spesso, almeno in Occidente, associata all’estremismo e alla sottomissione della donna.